Rilanciare la partecipazione

Carlo Baviera

La mia generazione ha identificato l’impegno pubblico e per il bene comune, anche e soprattutto, con la partecipazione.

Il sessantotto è stato preparato da incontri di gruppi e assemblee (soprattutto scolastiche), ed è continuato con l’emergere dell’esigenza dei <quartieri>. I Consigli di  Quartiere erano lo strumento per coinvolgersi e confrontarsi con le istituzioni oltre che per interessare i cittadini riguardo alla situazione in cui era inserita (esigenze assistenziali, necessità culturali, lavori pubblici e piani urbanistici, ecc.).

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Un sincero augurio di buona Pasqua a tutte le amiche e gli amici di Ap

“Per i cristiani, l’incarnazione e… gli eventi sulla croce significano che Dio non ha solo simpatia per coloro che soffrono; Egli entra *nella* sofferenza. Non è un Dio lontano. È entrato nel dramma umano, e ne ha subito le ferite.
Ciò che fa il cristianesimo è collocare il dolore in una narrazione più ampia, in cui la crocifissione di Gesù lascia il posto alla sua risurrezione. La morte lascia il posto alla vita. Le vite fratturate vengono sanate. La giustizia riparativa avviene.
il potere umano è effimero; tutti gli stati, gli imperi e le grandi dichiarazioni sono transitori. Ma l’amore no. La storia continua. E tutte le cose saranno nuovamente rinnovate.”

Peter WEHNER

Falso pacifismo delle dirigenze mondiali?

Carlo Baviera

Si è iniziato, poche  settimane fa, sul sito dei Popolari piemontesi un dibattito sulla pace. A seguito di un intervento di Giuseppe Davicino che ha ricordato il discorso di capodanno del Papa con gli accorati appelli alla pace: “il Papa ieri ha lanciato con parole molto dure una dichiarazione di guerra alla guerra, “a ogni guerra, alla logica stessa della guerra, viaggio senza meta, sconfitta senza vincitori, follia senza scuse”.

È facile prevedere che non mancheranno reazioni di sorpresa a questo suo giudizio e accuse da fronti opposti (se poi aggiungiamo le parole definite comunemente “della bandiera bianca” la cosa diventa ancor più evidente. Tuttavia sembra difficile negarne il realismo concreto e ampiamente suffragato dai fatti. Un’affermazione che lungi dal delegittimare i responsabili delle nazioni, pare incoraggiarli a realizzare ciò che i settori più avveduti fra i gruppi dirigenti già avvertono, e che ormai dicono apertamente: la guerra si è rivelata una delusione, è l’ora delle soluzioni diplomatiche. Per l’Ucraina, per il Medio Oriente, per l’Africa”.

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Attesa di Dio

Francesco Roat

Appena giunta in libreria, “Attesa di Dio” è una significativa raccolta di scritti composti fra il 1941 e il ‘42 da Simone Weil: una filosofa di difficile collocazione entro questa o quella corrente di pensiero. Un personaggio caratterizzato da un profondo impegno civile e da una religiosità eccentrica − pur d’elevatissimo rigore morale − davvero inquietante sia per credenti che non credenti. Affascinati questi ultimi dalla sua estrema sensibilità e testimonianza etico-sociale ma sconcertati dall’estremismo ascetico della sua mistica. Turbati, in parallelo, i primi dalla contraddizione weiliana di proclamare a gran voce la propria fede in Cristo/Dio ma al contempo di volersi tenacemente collocare fuori dalla Chiesa: nell’intersezione fra il cristianesimo e ciò che di vitalmente significativo sta al di là di esso.

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Vladimir Putin  e ideologie di guerra. (A margine del caso Navalny)

Agostino Pietrasanta

Un giornalista britannico, Timothy Garton Ash, noto come studioso dei percorsi di emancipazione dal comunismo sovietico e delle vicende connesse alla caduta dell’URSS narra di un  incontro con Putin, del 1994. Il futuro presidente della Federazione Russa in occasione di una tavola rotonda a Pietroburgo, città di cui all’epoca era amministratore civico, forse in funzione di vice sindaco, rilevò, con espliciti accenti critici, le responsabilità della “defunta Unione Sovietica” nella cessione alle ex repubbliche che ne erano state parte, territori che “storicamente erano sempre appartenuti alla grande nazione Russa”. Aggiunse che al momento (1994) la Federazione non poteva abbandonare i popoli dei suddetti territori alla loro sorte e neppure ignorare i (cito) “25 milioni di Russi che le politiche e le diplomazie avevano relegato in terre straniere”.

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Comunicazione politica e responsabilità

Gianni Castagnello

Lo studio dell’OCSE sull’economia italiana, approvato a fine dicembre 2023 e reso noto a  gennaio, non ha trovato spazio tra le prime notizie di quotidiani e TV, e invece avrebbe meritato più attenzione, anche da parte di chi non ha specifica competenza in materia economica ma,  come cittadino, deve formarsi un’opinione sui problemi reali del Paese e sull’azione del governo,  ancor più se a qualche  livello si occupa di politica.

Prima di tutto il Comitato OCSE rileva che in Italia “L’attività economica ha superato bene le crisi recenti, ma la crescita sta attualmente rallentando in un contesto di irrigidimento delle condizioni finanziarie”. “L’aumento dell’inflazione in seguito alla crisi energetica ha eroso  i redditi reali delle famiglie e l’inasprimento della politica monetaria della zona euro ha condotto a un rapido aumento dei costi di finanziamento per le famiglie, le imprese e le amministrazioni pubbliche.”

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Se gli USA lasciano la NATO

Marco Ciani

Ha giustamente suscitato (ma non forse quanto meriterebbe) impressione la frase attribuita al quasi certo candidato repubblicano alla presidenza degli Stati Uniti, Donald Trump, durante un comizio in South Carolina. Il tycoon newyorkese, raccontando una presunta riunione della NATO, avrebbe detto a un collega capo di Stato che gli Stati Uniti sotto la sua guida non avrebbero difeso alcun Paese “che non paga il dovuto”. “Uno dei presidenti di un grande Paese si è alzato e ha detto: Beh, se non paghiamo e veniamo attaccati dalla Russia, ci proteggerete?”, ha raccontato ancora, aggiungendo di aver risposto: “Non avete pagato, siete morosi? No, non vi proteggerei. Anzi, li incoraggerei a fare quello che diavolo vogliono. Tu devi pagare. Devi pagare i tuoi conti”.

Vorrei ripetere il concetto. Non solo gli USA non interverrebbero ma la Russia dovrebbe attaccare i Paesi della NATO che non pagano i conti. La domanda è: quali sarebbero le implicazioni, nel caso malaugurato di una vittoria di Trump, per la sicurezza e l’ordine mondiale, a cominciare da quello europeo. Un saggio uscito a dicembre di Anne Applebaum per la rivista americana “The Atlantic” dal titolo “Trump abbandonerà la NATO” spiega, a mio avviso bene, alcune delle ricadute. Che saranno enormi. Per tale ragione lo ripropongo integralmente. Buona (si fa per dire) lettura.

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Autonomia differenziata

Angelo Marinoni

Si discute, o meglio, come sempre in Italia, si litiga sull’autonomia differenziata, ovvero quel consolidamento del regionalismo italiano frutto della devastazione del titolo V di quella che è stata (per qualche decennio) la Costituzione più bella del mondo.

Prima di farsi una opinione sulla opportunità di questo provvedimento trovandosi sbattuti in una curva o l’altra dello stadio, pur non essendo tifoso e non avendo alcun interesse per il calcio, occorre, a mio avviso, fare due riflessioni.

La prima riflessione è relativa alla premialità che l’autonomia differenziata,  intrinsecamente, porta con sé rispetto al modello regionale italiano.

La seconda riflessione è sul concetto di sussidiarietà fra territori o, addirittura, di unità nazionale, che il provvedimento induce a chi vede ridursi la propria disponibilità di spesa ed a chi la vede aumentare.

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2024. Democrazia alla prova

Gianni Castagnello

Il Novecento è stato un secolo tormentato e di contrasti estremi: ha mostrato abissi di orrore in cui l’umanità è sembrata sprofondarsi e perdersi, ed ha conseguito straordinari progressi nel miglioramento delle condizioni di vita, nelle forme di convivenza, nella consapevolezza e nell’affermazione dei diritti.

Un quadro storico ben argomentato, quello di Eric Hobsbawm, presenta la prima parte del secolo come “età della catastrofe”, aperta dalla prima guerra mondiale, nella quale l’Europa immolò i propri giovani e compromise il proprio futuro, proseguita con l’irrigidimento della rivoluzione sovietica nella dittatura staliniana, con la grande crisi dell’economia capitalista iniziata nel ‘29, con l’inasprirsi dei nazionalismi e l’avanzata del nazifascismo in Europa, e culminata nel secondo conflitto mondiale.

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Il paese immobile

Angelo Marinoni

All’inizio di ogni nuovo anno è normale darsi degli obiettivi sul breve periodo ed è normale avventurarsi in ipotesi su cosa succederà, come cambierà la propria vita e come muterà il mondo intorno.

Quest’avvio di 2024 induce una riflessione sull’immutabilità, che, invece, contraddistingue questo paese: una immutabilità a vari tratti avvilente perché non relativa a fattori positivi del quotidiano,  ma ad attori e azioni che rendono questo paese spesso difficile da vivere.

In Italia è immutabile l’approssimazione rispetto ad ogni progetto, un percorso “indecisionale” che fa diventare agli occhi dei cittadini come dei salvatori della patria chiunque mostri un carattere fermo e prenda decisioni assumendosene la relativa responsabilità: nel passato recente possono essere citati Berlusconi, Prodi, Monti, Renzi e Draghi, personaggi pubblici che non hanno mai avuto paura di prendere decisioni, questo non significa che personalmente le abbia condivise, in questo contesto si parla di metodo e non di merito.

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