Il rigore e l’anti-corruzione riportano al Centralismo?

Carlo Baviera

Ho letto, il mese scorso, una dichiarazione di Piero Bassetti, storico primo Presidente della Regione Lombardia (Europa 11/10/2012) “Ok, la classe politica anche lombarda non è esente dalla malattia di tutto il paese. Ma pensiamo davvero che la corruzione sia solo locale? Questo ennesimo scandalo rischia di uccidere un dibattito che invece sarebbe molto utile al paese. Sulla scia delle inchieste siamo di fronte a un’offensiva centralista contro le autonomie. In questo momento l’Italia è in mano a un commissario, Mario Monti, che io stimo molto, ma l’entourage del commissario è composto da direttori generali dello stato e grand commis molto peggiori di quelli della Prima repubblica e che hanno una certa idea del potere centrale e locale. Ma se tutto il paese è corrotto perché dovremmo pensare che non lo sia il governo? E infatti gli scandali hanno coinvolto anche esponenti dell’esecutivo tecnico. Si sta smantellando la società civile. Dobbiamo stare attenti a non sputtanare le autonomie. Si deresponsabilizzano la periferie, con la scusa della corruzione si sottrae la classe dirigente locale alla sua responsabilità. Poiché tu potresti essere un ladro allora il tuo mestiere lo faccio io. A quel punto quello diventa sicuramente un ladro. [..]La sanità centralizzata sarebbe più immune dagli scandali? Oggi stiamo pagano un prezzo ai tanti anni di berlusconismo ma non vedo un riscatto della società civile del paese. Se ruba un assessore il problema non è di non dare soldi agli assessori, altrimenti non se ne viene fuori. La morale è del poliziotto o della persona?”

Erano i giorni in cui le Giunte (e i Consigli regionali) di Lombardia e Lazio erano nell’occhio del ciclone, contaminando nella reazione la totalità degli italiani, messi in condizione di poter avere nuovi argomenti di polemica verso i politici. E la prima risposta è venuta dalla Sicilia con un’altissima astensione dal voto.

Per certi versi questo è un segnale positivo, un calcio negli stinchi a chi ha responsabilità pubbliche o intende contribuire a guidare la società e le istituzioni. Il segnale è utile, ma non è sufficiente; la reazione civile è importante, ma manca una proposta per venirne fuori sulla via del bene comune.

Torniamo alle considerazioni di Bassetti. Col centralismo e con i tagli, e con i “commissariamenti” si comprimono le autonomie locali, non si responsabilizza la classe dirigente locale, non si risolvono i problemi più immediati delle persone. Le stesse polemiche (o lamentele) fra politici e Amministratori rispetto agli accorpamenti/soppressioni di Province lo stanno a dimostrare.

Continuo a ritenere che se il rigore e una serie di razionalizzazioni sono inevitabili e motivate, il modo di procedere non deve essere di tipo centralistico ed esclusivamente legato a parametri decisi a Roma. Così si uccidono davvero le autonomie locali, si mettono sullo stesso piano gli amministratori onesti e seri e quelli incapaci o scialacquatori, e non si riconosce la diversità dei territori, la loro storia e peculiarità.

E si smantella la stessa società civile. Lo dimostra il trattamento che viene riservato al Terzo Settore e al Non Profit (aumento dell’IVA dal 4 al 10% evitato all’ultimo momento da un emendamento parlamentare: ma potrebbe tornare alla prossima occasione).  La visione della partecipazione, del cosiddetto “dialogo civile” nei rapporti tra istituzioni e rappresentanza della società, dell’economia civile, ecc. continuano a non rientrare nell’ottica della dirigenza Statale e Pubblica, nei consulenti e nei tecnici del Governo.

E’ quindi ora, in un periodo di Primarie e di riscaldamento dei muscoli per la prossima campagna elettorale, nonché per la definizione dei programmi su cui costruire alleanze (anche innovative, con liste civiche coinvolte, e andando oltre la vecchia divisione fra destra, sinistra e centro), che i cittadini che hanno passione civile e politica non si rifugino nell’astensionismo  ma ritornino a farsi sentire; che la Società Civile e l’Associazionismo proponga una visione alternativa di società; che le periferie e i territori riprendano in mano il loro futuro. E che le forze politiche che decideranno di “concorrere  con metodo democratico a determinare la politica nazionale” (come la Costituzione prevede) abbiano l’intelligenza e l’umiltà di assumere le sollecitazioni “civili” e modificare la visione centralistica che continua ad imporsi ogniqualvolta si deve stringere i cordoni della borsa o combattere la corruzione (che giustamente Bassetti ricorda non esservi solo a livello locale) o dare spazio all’efficienza.

Le prossime elezioni sono fondamentali per il futuro del nostro Paese riguardo a come si sarà capaci di abbattere il debito pubblico, di ridurre il deficit di bilancio, di saper ragionare in modo non autarchico ma con uno spirito europeo, di affrontare le riforme ancora al palo per modernizzare e snellire la pubblica amministrazione, la Giustizia, il sistema di istruzione e di formazione, di ridurre la pressione fiscale e la burocrazia per le imprese e per il lavoro, ecc. Ma lo saranno anche se sapremo darci un Parlamento e un Governo capaci di rilanciare le autonomie locali, di dar loro voce e responsabilità, di riordinare gli enti territoriali per una gestione ottimale dei servizi di area vasta, con uno spirito ed una visione non centralistica e burocratica, ma riconoscendo le diversità, le particolarità, e valorizzandone le identità di area.

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